Obiettivo Europa politica

Non trasformiamo la positività dei sogni repubblicani in incubi antistorici

di Francesco Nucara

Qualsiasi giudizio si voglia dare della lettera che il presidente Berlusconi ha presentato a Bruxelles, non si può prescindere dal commento del nuovo presidente della Bce Mario Draghi. Il documento italiano, secondo Draghi, contiene “un piano di riforme organiche per l’economia”, riforme “coraggiose”. Draghi ha parlato di “un passo importante”. Non a caso quanto è stato scritto dal governo italiano ha ottenuto anche il consenso della Ue. Il problema, semmai, sarà quello di realizzare ora concretamente questo piano, realizzarlo anche con una certa tempestività e magari preoccuparsi degli squilibri sociali che si potrebbero provocare e che pure vengono messi nel conto. La nostra preoccupazione è che potrebbe trattarsi ancora una volta di promesse che, come si suol dire, “servono solo per chi le ascolta e non per chi le dice”. Non crediamo, però, che gli organismi europei si accontentino dell’ascolto e, anche se così fosse, ci penserebbero i “mercati” a trasformare i sogni beati in incubi.
L’opposizione in Italia, a seconda della varietà di toni e tradizioni, tende a mettere in discussione l’operato del governo. C’è chi dice che è troppo tardi, oppure che non ci sono i numeri in Parlamento, o ancora che il governo, per entrambi questi motivi, non è più credibile. La nostra idea è che non sia questo il punto, e cioè se il governo sia in grado di fare o non fare, o di fare troppo tardi, quello che avrebbe dovuto, o potuto, realizzare prima. Ovviamente anche noi avremmo da ridire a proposito. Il premier non si è mai consultato con il Pri in questi frangenti, preferendo frequentare altri esponenti della maggioranza. Eppure i repubblicani sin dal primo giorno della legislatura hanno fatto sapere che i conti pubblici non sarebbero stati sostenibili senza interventi strutturali di fronte alla crisi. E questo quando gli altri dicevano che tutto andava a meraviglia.
La scarsa considerazione da parte del presidente del Consiglio sulle questioni che gli ponevamo, non gli ha impedito di evitare quelle difficoltà, da cui invece è stato investito in pieno. E con lui il Paese. Avremmo dunque anche noi tutte le ragioni per lamentarci della piega degli eventi e delle scelte del premier, e accusarlo di ritardo gravissimo, ma, ripetiamo, non è questo il problema. Il problema è se il complesso delle forze politiche, incluse le forze di governo, siano d’accordo o meno sulle misure che l’Europa ci ha chiesto e se intendano sostenerle o avversarle. E’ chiaro che il presidente del Consiglio italiano è consapevole di dover andare incontro alle istanze europee. Al Pri, partito europeista per eccellenza, non stona affatto l’assunto “l’Italia è stata commissariata dalla Ue”. Formalmente non è così. Vorremmo, in un futuro più o meno prossimo, un governo politico dell’Europa che fosse - con l’autorevolezza di una direzione politica e non solo monetaria - in grado di dare un indirizzo preciso a tutti i Paesi che dell’Europa vogliono far parte.
Meno chiaro è l’atteggiamento della Lega, come si comprende bene, sulla materia pensionistica.
E certo non può esserlo il centrosinistra che, proprio con il governo Prodi, abolendo lo scalone Maroni, ha posto la premessa per le difficoltà di oggi. Né migliore ci pare la situazione sul piano degli interventi sul mercato del lavoro, con il sindacato pronto alla mobilitazione e le opposizioni a seguire pedissequamente. C’è persino infine chi si lamenta del fatto che il governo italiano non abbia detto nulla contro la corruzione e la lotta all’evasione, non comprendendo che il problema europeo non è questo: il problema europeo è il debito, e la crescita, che si traduce in pensioni e lavoro. Corruzione ed evasione sono altre questioni ancora, ma, per quanto importanti politicamente e moralmente, non risolvono il contenzioso.
L’Italia oramai, inesorabilmente, è giunta allo snodo cruciale, come del resto vi è giunta l’Europa, viste le voci di implosione in aumento. Si tratta di capire allora che cosa si voglia fare, e il presidente del Consiglio, bene o male, presto o tardi, ha indicato la strada in una direzione europeista. Se non la si segue, questa volta dall’Europa si esce.
Come ebbe a dire, tanti anni fa, Ugo La Malfa: “E benché sia difficile parlare di nuovi metodi di azione politica, noi diciamo che si tratta proprio di un problema fondamentale; bisogna adottare un metodo antidemagogico, antimassimalista, che non inganni l’opinione pubblica ma dica chiaramente di che si tratta e quali vie sono da battere per risolvere i problemi che ci agitano”.

Roma, 27 ottobre 2011